giovedì 8 dicembre 2016

TROPPA LIBERTA' SESSUALE ? NO, TROPPO POCA


 
TROPPA LIBERTA’ SESSUALE ? NO, TROPPO POCA.

Caro Ulisse, oggi vado a cacciarmi in un tema che,  molto ipocritamente ma molto diffusamente è stato sempre, ed ancora oggi,  è tabù:    la libertà sessuale.
            Mi è venuto sotto gli occhi un articolo[1] del noto psichiatra Prof. Umberto Galimberti dal titolo “troppa libertà sessuale ? No, poco coraggio d’usarla per quanto vale”.  Il prof. Galimberti scrive :” la libertà sessuale è un dono dell’emancipazione femminile... perchè fa crollare un ordine collaudato ed un modo di pensare (la donna come moglie madre) di sentire (come oggetto del desiderio maschile), di relazionarsi (la “mia “ donna con tutta la prepotenza dell’aggettivo possessivo). “ Poi il prof. Galimberti prosegue con tutta una serie di esempi di sessualità animalesca a cui contrappone  una “follia che segretamente ci abita e che nella sessualità dovrebbe condurci in quell’estasi che non è poi così distante dall’esperienza mistica.”  Conclude Galimberti :” I mistici erano erotici, mentre il nostro erotismo usato ed abusato non è più in grado di raggiungere  quelle vette”.....Alludo ad una trasfigurazione dell’animalità in un estasi mistica e perciò stesso inesprimibile, perchè accade in un luogo che le parole non riescono a raggiungere”.   Mistero !    Quando anche i grandi pensatori non sanno rispondere a certe fondamentali domande della vita si rifugiano nel mistero e chi vuol capire e vivere rimane a bocca asciutta. 
                                  Io cerco di calarmi  nella vita reale del quì ed ora. 
Mi riferisco al caso di quella ragazza che avendo lasciato – fiduciosamente innamorata – che il suo ragazzo la fotografasse in pose “pornografiche” (avrà aperto le cosce, e cosa è la pornografia ?) si era poi vista sbattuta come una puttana, davanti al terribile occhio pubblico della rete internet.
Cosa è che l’ha spinta prima ad una strenua quanto inutile lotta (anche giudiziaria) per far cancellare queste sue immagini intime e personali,  e poi addirittura al suicidio ? 
                                  Per me una cosa sola: la vergogna !
La vergogna non può che derivare dalla presenza di regole che la propria cultura ritiene di aver colposamente violato.  Le regole sono quelle che la comunità in cui si vive hanno stabilito nel tempo per consentire la propria convivenza (regole giuridiche) e pur non essendo eterne ed immutabili  (quanti comportamenti erano ritenuti giuridicamente illeciti ieri e non lo sono più oggi, vedi l’adulterio, l’aborto etc:)  sono vigenti nel momento in cui il soggetto vive la propria irripetibile vita .  Alle regole giuridiche (munite di sanzioni)  si sono affiancate, e tante volte sovrapposte, le regole morali (munite di peccati). Queste regole morali, in genere promananti dalle credenze mitiche e/o religiose, pretendono di essere verità eterne ed immutabili in ogni genere di attività umana e sopratutto nella attività sessuale perchè è  il sesso, che insopprimibile qual’è,  pretende libertà assoluta ed irrefrenabile, quindi  pericolosa. 
La ragazza suicida di cui ho parlato  ha  evidentemente sentito vergogna di aver fatto quei normalissimi  atti che il nostro corpo articola in tutti i normalissimi modi per il raggiungimento del piacere sessuale.  Vergogna per quello che dirà la”gente” e, se credente,  per il peccato che tutte le religioni  ritengono si commetta quando si fa sesso non per fini procreativi ma per godere del proprio corpo.  Povera ragazza, vittima di un moralismo arretrato, conformista e vendicativo. Doveva rivendicare la libertà di usare il suo proprio corpo e ciò anche come reazione alla violazione subita alla sua privatezza  da chi vigliaccamente aveva approfittato della sua fiducia e probabilmente del suo amore, e invece ......
                               In conclusione il consiglio che posso dare a tutti quelli che possono farlo,  è fate sesso e non vergognatevi (se vi piace)  di farlo sapere, il che è solo un modo di manifestare la vostra sacrosanta libertà sessuale.
                               Forse ti ho scandalizzato, caro Ulisse, ma io – proprio perchè sono vecchio e forse un po’ invidioso  – la penso così .   ANTONIO



[1]  In  D – Donna , suppl. LA REPUBBLICA  del 1° ott. 2016 –Ultima pagina

FESTA DELLA RAGIONE - COMPLEANNO DI ULISSE


Il 12 Dicembre 2010 nasceva dalla Fondazione Casa Delfino la statua dell’uomo che ragione e canta denominato Ulisse che sta a Cuneo in C.so Nizza n. 2.  
            Ogni anno abbiamo festeggiato il suo  compleanno con la Festa della Ragione.
La Fondazione casa Delfino in tutta la sua cospicua attività (più di cento eventi all’anno) ha inteso essere una guida autonoma in tutti i campi nei quali un’indagine o una ricerca è possibile. Questa è il nostro modo di ragionare e di fare cultura. La ragione è la forza che libera dai pregiudizi, dal mito, dalle opinioni radicate ma false, dalle apparenze, consente di stabilire un criterio universale o comune per la condotta dell’uomo in tutti i campi.
Svolgendo tutta questa attività non abbiamo mai dimenticato di unire il sapere al piacere.
I nostri eventi hanno sempre cercato di far pensare ma anche divertire.
I risultati di questo nostro agire sono difficilmente valutabili  perché è difficile stabilire a quanti lo stesso sia giunto e come abbia operato in essi.
Tuttavia non possiamo nasconderci la realtà del nostro isolamento anche perché spesso siamo in controtendenza di pensieri ed azioni molto diffusi.
Siamo soli è vero, ma questa solitudine di cui la Fondazione si rende conto non è voluta. Ancora una volta la porta è aperta a qualsiasi critica e suggerimento che sia volto a ragionare e a cantare.
A questo proposito lo spettacolo che è stato realizzato per la "festa della ragione"  sulla vita e l’opera di un grande artista come Jhon Lenon che abbiamo indicato come uomo che ha cantato e ragionato (leggetevi il testo della sua grande canzone Imagine), è dovuto al ricordo che ha voluto fare di lui nel  trentaseiesimo della sua tragica morte  (8 Dic. 1980) la cara amica di casa Delfino – Sig.ra  Mariagrazia VECILE.
La ringraziamo ed abbiamo subito realizzato il suo intento.  Così faremo per ogni proposta ragionevole, concreta e realizzabile.     Lunga vita, ragionata e cantata, caro Ulisse.             ANTONIO

domenica 27 novembre 2016

IN MORTE DI RICCARDO CAVALLO

 

Caro Ulisse,

Domenica 20 Novembre 2016 è morto Riccardo Cavallo: aveva solo 59 anni. Chi era Riccardo Cavallo: vai a vedere i suoi blog:

http://recognitiones-ii.blogspot.it/
http://recognitiones.blogspot.it/ 
http://trancriptiones.blogspot.com/   

Avendo avuto notizia di questi blog dall'intimo amico di Riccardo e suo collaboratore, Roberto Cavallera, sono andato a dargliene una occhiata: un mondo incredibilmente onirico e colto mi si è spalancato sotto gli occhi. In questo mondo, non in quello della piccola provicia,  dopo un precoce e locale inizio folgorante,  viveva ormai da tempo Riccardo Cavallo ed ivi quasi si nascondeva sotto modeste vesti.  Per me era un caro amico che incontravo spesso per  strada, con la testa bassa ed il sigaro in bocca, immerso nei suoi pensieri ma che non mancava di fermarmi e di chiedermi sempre: “hai scritto qualche altra cosa dei tuoi racconti fattuali, mi raccomando dammeli subito”, e rapidamente si allontanava come se avesse tante cose da fare.  Nel silenzio generale della città e del suo specchio che dovrebbero essere i giornali e le televisioni locali, se n'è andato un fine, coltissimo intellettuale laico. L’abbiamo salutato laicamente noi del mondo dell’arte,  Martedì 22 nov. nella sala delle mostre di Casa Delfino.
         Voglio qui ricordare Riccardo Cavallo (proprio in questi giorni di renaissance del pittore Ego Bianchi con una bella mostra a Palazzo Samone – vedi il mio blog Il FISCHIETTO - ) riproducendo un suo scritto intitolato “Liceo artistico di Cuneo- Omaggio a Ego Bianchi” – Scriveva Riccardo Cavallo parecchi anni fa :
  "Di una frequentazione, da parte di Ego Bianchi, di tematiche ed  iconografie religiose e sacre (da intendersi qui nel senso ristretto e del tutto particolare di “cristiano”) abbiamo brevi quanto salienti testimonianze di Lucio Fontana e di Tullio Mazzotti. Più che di frequentazione sarebbe più corretto parlare di una reinvenzione e di una appropriazione creativa, se si guardano le opere che compongono il ciclo della Via Crucis . A questa serie di opere, verrebbe fatto di pensare, hanno concorso almeno tre distinte personalità di Bianchi (per il quale l’unica religione praticabile era l’arte, con un concetto  “teologico” di creazione non privo di una certa ironia neopagana) : il pittore, l’inventore di ceramiche ed il disegnatore. Del pittore si ritrova lo sguardo ancora ebbro di rossi e neri come di terre, di derivazione probabilmente vascolare ed arcaica, si leggono, sapientemente rielaborate, le tracce di Rouault e di Picasso. Il pensiero del ceramista ha simulato sulla superficie piana una serie di spazi convessi sui quali articolare la fuga turbinosa delle immagini, che paiono racchiuse in un’ellisse e deformate dalla lente di un oblò. Forte, anzi fortissima, la presenza del disegnatore, del mitografo che febbrilmente commuta i dati acquisiti dei codici di partenza (l’avventura di Bianchi fu sempre avventura del disegno e nel disegno). L’artista ha operato dunque ai margini di un’occasione narrativa, ritrovando nella storia sacra l’ennesima fantasmagoria, sostituendo all’ideale linearità di un racconto universale una visione sperimentale e provocatoria. La singola frequenza finisce così non di illustrare una “stazione”, ma di esprimere una fase immaginativa dell’artista.  Un moto curvo, come di un compasso posto in libertà, trascina con sé, quasi facendoli ruotare nel suo interno, omini, armi e cavalli, deformati come apparizioni oniriche, nelle quali al pretesto degli episodi evangelici si sovrappone una programmata violenza, un altro racconto, per l'appunto a frammenti, esemplare ed ossessivo : quello della pittura. Il segno greve e plumbleo che fu del Rouault più tragicamente cristiano,  si nega alla forza di gravità alleggerendosi in fisionomie volatili. Dall’apocalisse di Guernica tornano figure di catastrofica spettacolarità, irreconducibili all’ordine.
Fra pathos e mythos l’artista non ha esitazioni, cedendo integralmente alla fascinazione del secondo, tanto in questo singolo episodio, come in tutta la sua opera.     Riccardo Cavallo."   Alla prossima  ANTONIO

mercoledì 12 ottobre 2016

OKTOBERFEST A CUNEO

Leggo le mirabolanti cifre del bilancio dell’Oktoberfest di Cuneo.  Già l’accostamento di una festa tipicamente tedesca alla piemontesissima Cuneo sa tanto di una ennesima  barzelletta su di noi,   ma passi.  I  “30 mila litri di birra, 5.000 stinchi , 4.000 mila polli , 4.500 hamburgher , oltre  2000 taglieri  di salumi, decine di quintali di gnocchi “ consumati a questa pantagruelica tavolata lungamente protratta e dalla stampa locale largamente reclamizzata,  mi inducono alla domanda:  quale è stato il vantaggio di tutto ciò ed a chi è andato ? Certamente agli organizzatori (sono cuneesi ?),  ma stando alle sponsorizzazioni della  Camera di Commercio (e dei produttori locali di birra) di Cuneo e,dell’Associazione commercianti  (e dei ristoranti e bar) di Cuneo, è da loro e dai loro associati che desidererei una risposta sincera. E i cuneesi e circonvicini, che sono quelli che pagano, cosa ne dicono ? Dal continuo panem et circenses che gli ammanisce l’Amministrazione, sono sempre affascinati, talora accecati ed accorrono in massa . La risposta la so già : tacciono !             
ANTONIO SARTORIS

Pubblicata fra le "lettere dei lettori" su LA STAMPA ed. Cuneo martedì  11 Ott.'16   

lunedì 26 settembre 2016

SFIDUCIA A LA REPUBBLICA E AD EUGENIO SCALFARI .


                                                                                             Domenica 25 Sett. 2016
Caro Ulisse,
       La domenica è l’unico giorno della settimana in cui riesco a dedicarmi ad una lettura “critica” dei giornali quotidiani. Ne prendo ogni giorno tre: La Stampa, La Repubblica e il Fatto quotidiano.  Il primo perchè ha alcune pagine dedicate alla provincia (nel mio caso quella di Cuneo);  il secondo perché ho creduto, fino ad oggi,  al suo originario orientamento di centro-sinistra ;  il terzo ( Il Fatto)  perchè – a mio giudizio – è l’unica voce libera dell’ipotetico” terzo potere”.
       A questo proposito sto pensando di abbandonare (almeno alla  domenica) l’acquisto de  La Repubblica  principalmente per due motivi : 1°) perchè ha ingannato gli abbonati a l’Espresso, che come me, hanno pagato anticipatamente detta rivista (che garantiva il non aumento del prezzo)  , ed ora impone loro la stessa rivista con la copia domenicale de La Repubblica ed quindi con  pagamento del supplemento (sic). In sostanza gli abbonati a l’Espresso invece di essere favoriti per aver anticipato  anche di alcuni anni (io ho  38 copie da ricevere) l’intero importo dell’abbonamento, sono costretti a pagare due volte ogni copia settimanale della rivista (una con l'abbonamento e l' altra come supplemento obbligatorio de La Repubblica domenicale.  L’unica alternativa  per non pagare due volte la stessa rivista  è quella di privarsi alla domenica della lettura di LA REPUBBLICA e così  far calare le vendite della Repubblica domenicale . Bel risultato per il genio che ha avuto l’idea dell’accoppiamento Espresso-La Repubblica.!
2°)   Il secondo motivo del mio abbandono de La Repubblica (per ora della copia domenicale)  oltre al suo,  sempre più accentuato,  atteggiamento filo-governativo, mi sono stancato di leggere le settimanali prediche di Eugenio Scalfari. Mi è diventato insopportabile l’equivoco atteggiamento di  un se-dicente laico e non credente, verso le presunte intenzioni riformatrici del buonista Papa Bergoglio.  Quando Eugenio racconta delle sue confidenziali conversazioni con il Papa mi ricorda quello che si diceva di un famoso avvocato veneziano. Quando nel suo ufficio stava ricevendo un cliente carico di soldi, per impressionarlo si faceva chiamare dalla segretaria: “cè il Papa al telefono”, e lui prendendo la cornetta davanti al cliente incominciava  “O cara Santità”.  Era una balla ma efficace !
 In verità Papa Bergoglio non dimostra alcuna volontà riformatrice che si discosti dalla millenaria linea conservatrice della Chiesa cattolica, se non con qualche pallido accenno al cambiamento e tante belle parole  che lui crede  consolatrici,
Questa è il "pastone" di comunicazione e di critica politico-sociale che ci offre uno dei più importanti giornali del Paese. Mi dicono che l’altra grande voce della stampa nazionale,  il “Corriere della Sera”,  non solo è filogovernativo pure lui  ma di un conservatorismo più che ortodosso (basta sentire parlare il suo vice-direttore Polito).  Non parliamo poi  dei giornali dichiaratamente di destra.   Io, caro Ulisse,  questo pastone non lo voglio mangiare più,   A.S.           

sabato 17 settembre 2016

PER IL TERZO MONDO ?



                                                    Cuneo 8 Luglio 2016
Caro Ulisse,

“E’ una cosa meravigliosa poter partecipare alla vita di internet , rete di comunicazione  con tutta l’umanità .  Ogni volta che mi metto al computer per poter sfogare le mie considerazioni molto ma molto personali, (non mi vergogno a definirle “chiacchere da bar” perchè sincere e terra terra )  considerazioni  su fatti, persone, idee,  non mi sembra più, come mi accadeva in passato, di parlare in un armadio.  Mi sento invece  un naufrago che sfoga il suo pensiero in uno scritto, lo mette in una bottiglia, lo butta  nel mare  magnum della “rete” e spera che qualcuno lo legga e  magari risponda, cosa che non puoi fare tu, caro Ulisse, che rimani comunque l’ispiratore del mio pensiero.

Oggi ho alcune considerazioni da farti  sul terribile  eccidio anche di italiani  effettuato ieri a Dakka. Mi è parso non privo di significato che l’eccidio sia avvenuto della capitale del Bangladesh  città poverissima con un numero esorbitante di abitanti (6 milioni e 700 mila)  ma che è anche il luogo ove si fabbrica il tessile che sarà usato e venduto in  occidente (anche in Italia)  con lavoro di operai locali pagati 70  dollari al mese (sic).  E poi ci si domanda perchè  quei popoli  del terzo mondo  debbono emigrare da noi e tutti concordano nella necessità che per evitare le immigrazioni questi popoli debbono essere aiutati a crescere nei loro paesi di origine : sì pagandoli  meno di 3 euri  per 10 ore di lavoro al giorno. 
Ciò premesso mi è parso singolare che gli italiani vittime del massacro erano tutti (chi più chi meno)  a Dacca proprio per curare gli interessi di ditte italiane interessate ad ottenere a bassissimo prezzo gli oggetti da loro poi commercializzati in Italia e in tutto il  mondo occidentale a prezzi enormemente maggiori di quelli del costo di produzione.
Non voglio assolutamente giustificare la morte di queste persone con la loro legittima attività; è infatti il mercato su cui si regge il capitalismo che è a sua volta la attuale base economica del mondo occidentale che impone a questi imprenditori la ricerca del minor costo possibile delle loro merci per vincere la concorrenza e poter ingrandire le loro imprese con lo sfruttamento di una mano d’opera a bassissimo costo.  Sta di fatto che la coincidenza colpisce e ci costringere ad interrogarci sulla motivazione che ha spinto gli assassini ad accanirsi su questi  inermi.
Sono infatti persuaso che ogni azione umana compreso anche il peggior delitto, ha (almeno per chi la commette)  una motivazione, giusta o sbagliata che sia. I sadici/mostri esistono,  ma sono meno di quanto si creda (me lo diceva già Primo Levi a proposito degli incredibili orrori commessi dagli aguzzini di Auschwitz). In questo caso la motivazione più evidente in corrispondenza con altre simili stragi come quella di Parigi o quella di Istambul  appare quella della ideologia dell’odio che questi fanatici mussulmani nutrono verso le abitudini di vita, per loro fortemente peccaminose,  dell’occidente. Ma mi è consentito sospettare che nel caso della strage di Dacca,  lo sfruttamento (perchè di questo si tratta) delle popolazioni di quei luoghi, possa essere almeno una concausa del  terribile massacro ivi commesso ?
        Da qui la mia personale considerazione che da questa ormai radicata e diffusa piaga della moderna lotta ideologica di un Islam furioso e fanatico, armato fra l’altro di combattenti pronti alla morte subito e dovunque, non si possa uscire  se non con il dialogo e/o la trattativa.  Bisogna capire bene le motivazioni di questa loro lotta terroristica e quindi le cause di queste rinascenti e trasformate ideologie religiose, e possibilmente porre rimedio a quelle accuse, spesso giustificate, che ci vengono da quel mondo. Il primo e principale ostacolo a questo dialogo e/o trattativa è ancora una volta (perchè lo ricordo bene come rigidamente usato contro le  “Brigate rosse”) il principio che con questi nemici non si tratta, che trattare vorrebbe dire riconoscerne il potere e – orrore – forse anche capire le cause del  loro delittuoso agire.
  Questo muro contro muro vedremo dove ci porterà ! E’ vero che le brigate rosse sono state annientate ma non vi è paragone tra il fanatismo politico e quello religioso: il primo al massimo ti fa sperare in un mondo migliore ma il fanatismo religioso ti consente di diventare martire degno del Paradiso : cosa vuoi di più ?  A.S.

sabato 10 settembre 2016

CULTURA E POPOLO



Caro Ulisse,

      Ho partecipato nel pomeriggio di Venerdì 9 Sett.2009 presso il Filatoio di Caraglio ad un incontro di quelli che si sono pomposamente chiamati gli Stati Generali della Cultura.  La domanda di base era “Cosa e’ la cultura”.

      Anch’io ho cercato di dare il mio contributo .

      L’antropologo Cavalli Sforza fra i molteplici e differenti significati della parola cultura, ne indica uno a cui si ispira la Fondazione Casa Delfino da me diretta, per cui noi intendiamo intervenire sull’insieme di quanto viene appreso da un individuo nel corso della vita, dal comportamento quotidiano alla conoscenza di qualunque natura, inclusi quegli elementi – come i pregiudizi e le credenze - che precedentemente non venivano compresi nel significato del termine cultura.    Così concepito, dice Cavalli Sforza, il concetto di cultura può in qualche modo considerarsi alternativo a quello di natura, purché adottato in senso stretto, cioè riferito a quanto vi è di innato in noi, o più specificatamente di ereditato attraverso la biologia. In questo senso la “cultura” diventa, per opposizione, tutto quanto è appreso durante lo sviluppo.

      Nell’occasione del convegno di cui sopra, non mi sono avvalso di questo testo anche perché non l’avevo sottomano ed ho in estrema sintesi  detto che “fare cultura vuol dire, far pensare”. Ritengo che nel “pensare” c’è tutto: il conoscere e quindi il sapere, la teoria e la pratica, il vicino ed il lontano, il personale e l’universale , le credenze, le opinioni ed i dubbi, etc. etc.

      Su questi presupposti teorici era inevitabile si scendesse nella realtà locale e si parlasse   della “illuminata”, l’evento che ha coinvolto Cuneo ed ottenendo il successo della partecipazione di migliaia e migliaia di spettatori e non si può non definire “popolare”. Su questo tema mi è parso che la critica di base, si possa riassumente nel titolo che ho dato ad un mio articolo, che è stato rifiutato dai giornali locali , ma che ho messo nel mio blog su internet, “il Fischietto” .    Il titolo era  “L’illuminata senza lumi”.  Si è cioè addebitato a questa “grande operazione” (a proposito quanto è costata ?), ed ad altre soprattutto eno-gastronomiche, di mancare di contenuto culturale.  A queste critiche espresse in modo più o meno soft su La Guida si è  risposto in estrema sintesi : “ ma una  cultura  che non sia popolare, può essere davvero cultura ?”

      Da ciò sorge spontanea la domanda:  se per dare un valore culturale ad una iniziativa ci vuole una partecipazione popolare, come può ottenersi tale partecipazione  alle attività che si definiscono culturali ?       In sintesi: quale tipo di cultura  “il popolo” gradisce   per partecipare ?  Non è facile dare una risposta esaustiva a questa domanda che ha tante sottodomande.  Per esempio: c’è una cultura popolare e una  cultura d’elite ?, c’ è una cultura generale ed una cultura specifica ? etc.etc..  Comunque è una domanda  che ogni organizzatore culturale dovrebbe porsi, ed in effetti (per rimanere solo nella nostra terra) mi pare si sono posti gli organizzatori di “Collisioni,” del “Festival della comunicazione di Dogliani” ed anche di “Scrittori” nella nostra “piccola” città.   

      La prima risposta che mi pare di poter dare a questa domanda (cosa vuole la gente per partecipare ?) parte dalla impressione, avendo assistito anch’io allo spettacolo,  che la gente abbia partecipato alla Illuminata come assistesse ad uno spettacolo di fuochi d’artificio (come quelli che si facevano a S. Michele). In modo generalizzato e prevalente se ne deduce che la gente vuole divertirsi e lo stupirsi, la novità e la meraviglia sono componenti importanti del divertirsi. La mia conclusione (incompleta e provvisoria) di queste noterelle è che la cultura per essere popolare deve essere anche divertente, allettante, appetitosa [1] per la natura umana.  

      Peraltro lo spettacolo popolare deve divertire ma anche aiutare a pensare. 

                                     
                                                            ANTONIO SARTORIS



     






[1] Vi sono tanti appetiti collegati  ai vari organi dell’uomo : l’appetito del sesso, della gola, dello stordimento  provocato  da mali psicologici  magari inconsci e apparentemente appagato dal fumo, dall’alcool  e dalle droghe , appetito di appariscenza,  di potenza, di gloria, appetito di spiritualità, di fare e ricevere bene, ma anche appetito di denaro e di vendetta
 Per fare cultura bisogna sollecitare l’appetito del sapere, del pensare e cercare che il suo appagamento  susciti piacere.

domenica 28 agosto 2016

IL TERREMOTO E DIO



Caro Ulisse,

       In questi giorni siamo bombardati delle notizie ma soprattutto dai commenti sui gravissimi fatti conseguenti ai terremoti dell’Italia centrale: morti e distruzioni. Quante parole e quanti commenti ! Nessuno che si interroga sulle conseguenze che derivano da questi fatti sulle credenze che cercano di spiegare il significato del vivere umano. Gli antichi credevano che i fatti naturali fossero l’effetto delle volontà capricciosa  degli dei, ma quando a queste credenze si è sostituita quella della esistenza  di un Dio creatore, onniscente ed onnipotente, darne una spiegazione e soprattutto una giustificazione, è impossibile. Il vescovo, mons. Giovanni d’Ercole celebrante i funerali di 49 su 297 vittime del terremoto  (le altre - giustamente - sono state sepolte nei cimiteri voluti dai parenti  essi le retoriche celebrazioni istituzionali) ha finalmente posta la domanda  :” A nome mio, a nome di questa nostra gente, tradita dal ballo distruttore della terra, suscitato dall’angoscia, dall’ avvilimento di esseri umani derubati dell’ultima loro speranza mi sono rivolto a Dio Padre chiedendogli “ e adesso che si fa ?”.  Silenzio - dico io! - da Dio ma anche dal vescovo.
       E’ la domanda che si era posto Voltaire dopo il terremoto di Lisbona del 1755 con 12.000 vittime ed a cui aveva dato risposta scrivendo il prima il “Poema sul disastro di Lisbona” (vedasi un belissimo commento di  Francesco Tanini su Wikipedia)  e poi “Candide” con cui cercò di guarire l’umanità dalla teodicea di Leibniz  per cui il nostro  era  il migliore dei mondi possibili.
       “ Dio, che si fa ? “ : è una domanda che non ha risposta perché non c’è nessuno ad udirla e nessuno a rispondervi.
       Sola risposta contro forza imprevedibile  della natura è la continuazione dell’opera dell’uomo che fin da quando esiste cerca di domarla, anzi di porla al proprio servizio. Non è forse l’evolversi della materia terrestre che con i suoi assestamenti provoca terremoti ma ci da anche la potenza calorifica  che noi usiamo ai nostri scopi, con le sue rocce vulcaniche fatte emergere dai terremoti ci da  anche calce, silice, petrolio etc. etc. ?
       Si tratta, come sempre,  di concentrarsi sulle potenzialità della nostra umanità e non lasciarsi abbindolare dai sogni “oppiacei” di chi  tende a predicare la nostra debolezza per meglio dominarci .

       Naturalmente sono anche profondamente turbato dal tanto male che vediamo nel mondo (la vera carneficina che avviene in certi paesi e nel mare eterno)  più che altro per l’impotenza che sento dentro di me. Arriverci Ulisse parla tu al mondo.   A.S.

lunedì 15 agosto 2016

ANCORA SULL'"ILLUMINATA" DI CUNEO


Caro Ulisse

Su questo evento che certamente ha divertito molti cuneesi ed  ha fatto pensare - pubblicamente - solo alcuni pochi fra cui mi ci metto anch'io, oltre la senatrice  Manassero, l'attore Basilotta, ed il Direttore de LA GUIDA, Bernardi, ho scritto già due commenti "fattuali": vai a leggerli sul mio blog, IL FISCHIETTO.  Tuttavia sento il bisogno di ritornare brevemente sul tema e lo faccio con te che mi ascolti sempre pazientemente.  In detti miei due commenti ho visto questo evento nel quadro "fattuale" della mia fantasia, critica si ma anche letteraria. Sento il bisogno di esprimere un giudizio valoriale che ho incosciamente sentito dentro di me assistendo anch'io alla meraviglia di uno spettacolo di luci (suoni molto meno spettacolari). Tale giudizio si esprime sinteticamente col termine di spettacolo KITSCH, cosa meramente curiosa, strana, volendo anche bella, ma inutile. Inutile sul piano culturale (checchè ne dica il Sindaco Borgna) ma anche sul piano religioso (che fra l'altro è il vero significato dell'impegno che vi ha profuso Don Favretto) giacchè non sono certo le luminarie a vivificare la declinante fede religiosa  come del resto nessun lume di pensiero.  

Arrivederci al prossimo pensiero ANTONIO

Cuneo 14 Agosto 2016    



NON E' DI RODIN

Caro Ulisse, 

anche per tutelare adesso ed in futuro, il tuo pedigree e la tua notissima fama, ho scritto la seguente lettera a LA GUIDA, giornale locale di Cuneo. La lettera è stata correttamente pubblicata e quindi ringrazio. 

Egregio direttore, 

La prego di pubblicare la seguente rettifica di quanto scritto nell’ultimo numero della GUIDA nell’articolo dedicato a “Cuneo, invasa dai cercatori di Pokemon”. Ivi si dice che questi cercatori fanno rifornimento di pokeball (non so cosa siano) in vari luoghi della città, fra cui “nei pressi della statua di Rodin ( il lettore di bronzo in Corso Nizza)”. Ci tengo a correggere questa indicazione perché l’ho vista citata anche in altre occasioni. La nota e fotografatissima statua bronzea di proprietà della Fondazione Casa Delfino e posta dinanzi al suo ingresso in C.so Nizza n. 2, non è opera del grande scultore francese Auguste Rodin, né a lui si ispira . Detta statua è stata ideata da me e realizzata dallo scultore Gaetano Usciatta e non ha nulla a che fare con la nota statua di Rodin da lui denominata “il pensatore” e non si sa a cosa pensi. La nostra statua nella mia idea fondatrice e nel nome di Ulisse da me attribuitole, ha invece un pensiero ispiratore ben preciso: intende comunicare a tutti quelli che la guardano il monito che Dante attribuisce appunto ad Ulisse : “Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti ma per seguire virtude e canoscenza”. Tale pensiero è sintetizzato nel libro che Ulisse legge dove sta scritto: “ragiono e canto”. Questi sono pensieri miei, non di Rodin. Grazie dell’occasione per meglio far conoscere “Ulisse” e cordiali saluti.


ANTONIO SARTORIS 

Cuneo 1° Agosto 2016


sabato 30 luglio 2016

ERDOGAN UN ALTRO DITTATORE


ERDOGAN, UN  ALTRO DITTATORE

Caro Ulisse,

         Di fronte ai fatti della Turchia di questi giorni non trovo parole più adatte ad esprimere “la nausea e la finale rivolta dello stomaco delle persone per bene " Taksim, che sono quelle usate da Benedetto Croce di fronte alle leggi razziali fasciste.
         L’equivoco che mi colpisce ed offende sta nel fatto che la terribile repressione esercitata da Erdogan contro  gli autori del fallito golpe contro di lui ed il suo regime religioso/oscurantista e contro gli inermi e non violenti contestatori delle  sue idee (vedi manifestazioni nella piazza Taksim) viene effettuata in nome della “democrazia” per il fatto che Erdogan ha vinto le elezioni.  Che in questo modo si uccida la libertà di espressione ed i diritti civili, a lui non importa .
         La democrazia ( potere del popolo) come tutti poteri,  per non trasformarsi in "dittatura del popolo" necessita di contrappesi. In questo caso in mancanza  di contrappesi istituzionali (come nella attuale nostra Costituzione)  i contrappesi alla  “democrazia” turca erano gli intellettuali, la stampa, la televisione, la scuola ed in particolare l’università, la magistratura, i partiti politicirappresentanti di componenti etniche del popolo turco,  insopprimibili come i curdi : in sintesi, a quella che si dice "l'opinione pubblica".  Tutte quelle strutture della società turca Erdogan  le sta annientando. l'opinione pubblica è senza voce.  Quindi – come è già avvenuto per il fascismo ed il nazismo – il regime di Erdogan anche se sorretto dal voto popolare (peraltro ottenuto con promesse demagogiche e non mantenute)  non è democratico ma una vera e propria dittatura perché sopprime la libertà.
         Mala tempora currunt (tempi duri ci aspettano), caro Ulisse, anche perché la Turchia è un paese strategico nel versante geopolitico medio orientale.  Saluti, per oggi ai lettori


                                                                      ANTONIO SARTORIS

Cuneo 28 Luglio 2016


lunedì 16 maggio 2016

Salone Pop? La cultura non è schizzinosa ma identitaria


Cuneo 15 Maggio 2016

Caro Ulisse,  poiché su LA REPUBBLICA di oggi ho visto una lettera della Signora Anna Abbà che si interroga sulla compatibilità delle attività “pop” ormai inserite nel Salone del libro di Torino, e la risposta del Sig. Maurizio Crosetti a cui la lettera è indirizzata e pubblicata con il titolo: “Salone pop? La cultura non sia "schizzinosa”,  ho ritenuto di far conoscere  al Sig. Crosetti de La Repubblica la seguente lettera, confidando che sia pubblicata.

CULTURA e INTRATTENIMENTO AL SALONE DEL LIBRO

Gentile Sig. Maurizio Crosetti,

Poiché sono impegnato in una attività (la Fondazione Casa Delfino (onlus) di Cuneo) che ha il fine di "fare cultura” sono rimasto sfavorevolmente colpito dalla sua affermazione che “un clamoroso errore della cultura sia essere schizzinosa anche perché, di solito, è lei  a decidere ciò che è culturale e ciò che non lo è “Premesso che io sono sostenitore delle “certezze/relative” cioè ritengo essere necessario, quando si deve agire, avere delle linee direttive ben certe anche se relative ai tempi ed ai luoghi in cui ci tocca vivere. In punto di cultura  condivido la tesi dell’ antropologo Cavalli Sforza  che fra i molteplici e differenti significati della parola cultura ne indica uno che mi sembra possa costituire una linea i demarcazione tra attività culturali ed attività di puro intrattenimento. Dice Cavalli-Sforza (la Repubblica del 4 Marzo 2015): “Il concetto di cultura può in qualche modo considerarsi alternativo a quello di natura, purché adottato in senso stretto, cioè riferito a quanto vi è di innato in noi, o più specificatamente di ereditato attraverso la biologia. In questo senso la “cultura” diventa, per opposizione, tutto quanto è appreso durante lo sviluppo”.

Io quale responsabile di attività che senza nessuna schizzinosità verso le altre, qualifico “culturali”,  attenendomi al criterio sopra indicato per cui culturale=appreso, ritengo di considerare culturali solo le attività che fanno apprendere e quindi “crescere” intellettualmente e moralmente l’uomo,  e non le attività che si limitino al solo suo intrattenimento.
Rispondendo alla signora Anna Abbà (la Repubblica 15 Maggio 2016 ) veda Lei con quale dei due criteri vadano giudicate le attività ludiche indicate dalla sig.ra Anna nell’ambito del Salone del libro. Problema che si pone anche a Cuneo ed in tutti i luoghi ove “si dichiara” di fare cultura.  Grazie dell’attenzione
 
ANTONIO SARTORIS


sabato 14 maggio 2016

Dove sei Cuneo resistente?


                                                                                       Cuneo 15 Maggio 2016


Caro Ulisse,
nella mia città, Cuneo, che in tutta Italia e nel Mondo è conosciuta come il simbolo dell'antifascismo perché è qui che è nata la RESISTENZA, succedono cose amare, manifestazioni della perdita delle ideologie (sistemi coerenti di idee)  che caratterizzno i nostri tempi. Infatti in questi giorni il nostro Sindaco che è anche Presidente della Provincia (ma non era abolita? ha concesso ad un movimento  filofascista "Forza nuova Piemonte", una sala nell'ambito del palazzo Provinciale per un loro convegno.   Nulla sono vale le proteste del locale Istituto Storico della Resistenza e della locale sezione Anpi. Il convegno si è svolto nella indifferenza della città. Io ho scritto alla posta dei lettori della locale edizione de LA STAMPA la seguente lettera, che ti dirò poi se sarà pubblicata :

Dove sei Cuneo resistente? Perché non bruci più? Le ultime scintille le ho visto nei giovani ribelli che si sono opposti tempo fa a Casa Paund nella vecchia Cuneo, e sono stati bastonati, processati e condannati.
Ma non esiste più un comitato antifascista presieduto dal Sindaco  di Cuneo?  Lo stesso Sindaco/Presidente della Provincia  che sostiene che essendo la sala Falco del Palazzo della Provincia  “un luogo pubblico” (?) il suo uso è soggetto ad un regolamento (che confesso di non conoscere)  per cui “deve “ essere consentito a chiunque lo richieda.  Non credo che un regolamento impedisca al padrone di casa anche di un bene pubblico di negarne l’uso ad un inquilino non gradito e se così fosse un regolamento simile, autolesivo per il proprietario, dovrebbe essere modificato proprio da chi lo ha liberamente formulato: nessuna legge impedisce di farlo.  La verità  è che i principi che hanno  ispirato la Resistenza, incominciando dal giorno successivo alla Liberazione, si sono via via indeboliti, annacquati,  quasi spenti come le "fiaccole del ricordo" che il Sindaco, senza fascia,  si è dimenticato di accendere.     


ANTONIO SARTORIS

martedì 10 maggio 2016

Lettera a Corrado Augias



                                                                                        Cuneo8 Maggio 2016

Caro Ulisse,

Ti avrà certamente colpito, anche se sei di bronzo, la terribile sorte che è capitata a quella bimba di Napoli, violentata ed uccisa, buttata via come una scarpa rotta e dov'era il suo Angelo Custode?
Di fronte a questi fatti - per me - vi è solo orrore e silenzio!  Ma gli autorizzati interpreti della pubblica opinione hanno  naturalmente sproloquiato.. per qualche giorno senza alcuna proposta concreta di intervento onde evitare simili drammatici fatti e poi... è subito silenzio.
C'è anche chi ha voluto trarne elemento per considerazioni di costume su cui, peraltro professionalmente, Lui si pronuncia saggiamente: il Dott. Corrado Augias. Ed allora gli ho scritto la seguente lettera inviata alla "posta dei lettori" de LA REPUBBLICA.              
A.S. 
Caro dott. Augias,

Proprio perché ho sempre stimata, e continuerò a farlo,  la sua grande cultura ed il suo prudente giudizio sui fatti della vita, non le nascondo che mi ha fatto male il suo giudizio sulla personalità della piccola Fortunata (irrisione della sorte) Loffredo e di sua madre. Tale giudizio l'ha espresso in una intervista televisiva e su LA REPUBBLICA di sabato 7 Maggio c.a. ha ribadito il suo "malessere" perchè la piccola vittima di cinque anni per volontà  sua o della madre "vuole mostrarne molti più".  A giustificazione di tale malessere ella indica molti casi ove l'ambizione dissennata dei genitori inculca nei propri figli una stolta ambizione ad apparire, ambizione che poi si ritorcerà su di loro con delusioni anche atroci. 
Tutto questo ha veduto nella fotografia di Fortunata nel suo dolce, timido sorriso, nei ricci dei sui incolti capelli, nel suo straccetto di vestito?
Suvvia dott. Augias, nel suo giudizio su questa innocente, ingenua bambina ha sbagliato: ne rispetti la memoria, almeno quella.  Si penta e reciti tre pater, ave e gloria.                                                                                                                                                   
 ANTONIO SARTORIS 



Finora il Dott. Augias non mi ha risposto.  A.S.

Sulla Festa di Liberazione


                                                                                          Cuneo 25 Aprile 2016

Caro Ulisse,

Già sono stato amaramente deluso quando, partecipando alla  veglia partigiana della vigilia della festa di Liberazione, non ho più visto le tradizionali fiaccole. Ma oggi sono indignato nell’apprendere da LA STAMPA di stamattina (domenica 25 aprile) che “quest’anno il Comune ha deciso di non accendere le tradizionali fiaccole”.   

Non si dice il motivo di una decisione così assurda tanto da non giustificare il ringraziamento della voce dell’Anpi al “caro sindaco Borgna”,  ma sta di fatto che la rinuncia al rito simbolico delle “fiamme del ricordo” mi persuade ancora una volta di più che la spiritualità cuneese è in netta perdita nei confronti della sua crescente materialità. 
                                                                   
                                                                                         A.S.