Caro Ulisse,
Ho partecipato nel pomeriggio di Venerdì 9
Sett.2009 presso il Filatoio di Caraglio ad un incontro di quelli che si sono
pomposamente chiamati gli Stati Generali della Cultura. La domanda di base era “Cosa e’ la cultura”.
Anch’io ho cercato di dare il mio
contributo .
L’antropologo Cavalli Sforza fra i
molteplici e differenti significati della parola cultura, ne indica uno a cui si ispira la Fondazione Casa Delfino
da me diretta, per cui noi intendiamo intervenire sull’insieme di quanto viene appreso da un individuo nel corso della
vita, dal comportamento quotidiano alla conoscenza di qualunque natura, inclusi
quegli elementi – come i pregiudizi e le credenze - che precedentemente non
venivano compresi nel significato del termine cultura. Così concepito, dice Cavalli Sforza, il concetto di cultura
può in qualche modo considerarsi alternativo a quello di natura, purché
adottato in senso stretto, cioè riferito a quanto vi è di innato in noi, o più
specificatamente di ereditato attraverso la biologia. In questo senso la
“cultura” diventa, per opposizione, tutto quanto è appreso durante lo sviluppo.
Nell’occasione del convegno di cui sopra,
non mi sono avvalso di questo testo anche perché non l’avevo sottomano ed ho in
estrema sintesi detto che “fare cultura
vuol dire, far pensare”. Ritengo che nel “pensare” c’è tutto: il conoscere e
quindi il sapere, la teoria e la pratica, il vicino ed il lontano, il personale
e l’universale , le credenze, le opinioni ed i dubbi, etc. etc.
Su questi presupposti teorici era
inevitabile si scendesse nella realtà locale e si parlasse della “illuminata”,
l’evento che ha coinvolto Cuneo ed ottenendo il successo della partecipazione
di migliaia e migliaia di spettatori e non si può non definire “popolare”. Su
questo tema mi è parso che la critica di base, si possa riassumente nel titolo
che ho dato ad un mio articolo, che è stato rifiutato dai giornali locali , ma
che ho messo nel mio blog su internet, “il Fischietto” . Il titolo era “L’illuminata
senza lumi”. Si è cioè addebitato a
questa “grande operazione” (a proposito quanto è costata ?), ed ad altre
soprattutto eno-gastronomiche, di mancare di contenuto culturale. A queste critiche espresse in modo più o meno
soft su La Guida si è risposto in
estrema sintesi : “ ma una cultura che non sia popolare, può essere davvero
cultura ?”
Da ciò sorge spontanea la domanda: se per dare un valore culturale ad una
iniziativa ci vuole una partecipazione popolare, come può ottenersi tale
partecipazione alle attività che si
definiscono culturali ? In sintesi:
quale tipo di cultura “il popolo”
gradisce per partecipare ? Non è facile dare una risposta esaustiva a
questa domanda che ha tante sottodomande.
Per esempio: c’è una cultura popolare e una cultura d’elite ?, c’ è una cultura generale
ed una cultura specifica ? etc.etc..
Comunque è una domanda che ogni
organizzatore culturale dovrebbe porsi, ed in effetti (per rimanere solo nella
nostra terra) mi pare si sono posti gli organizzatori di “Collisioni,” del
“Festival della comunicazione di Dogliani” ed anche di “Scrittori” nella nostra
“piccola” città.
La
prima risposta che mi pare di poter dare a questa domanda (cosa vuole la gente
per partecipare ?) parte dalla impressione, avendo assistito anch’io allo
spettacolo, che la gente abbia partecipato
alla Illuminata come assistesse ad
uno spettacolo di fuochi d’artificio (come quelli che si facevano a S.
Michele). In modo generalizzato e prevalente se ne deduce che la gente vuole
divertirsi e lo stupirsi, la novità e la meraviglia sono componenti importanti
del divertirsi. La mia conclusione (incompleta e provvisoria) di queste
noterelle è che la cultura per essere popolare deve essere anche divertente,
allettante, appetitosa [1]
per la natura umana.
Peraltro lo spettacolo popolare deve
divertire ma anche aiutare a pensare.
ANTONIO SARTORIS
[1] Vi
sono tanti appetiti collegati ai vari
organi dell’uomo : l’appetito del sesso, della gola, dello stordimento provocato da mali psicologici magari inconsci e apparentemente appagato dal fumo, dall’alcool e dalle droghe , appetito di appariscenza, di potenza, di gloria, appetito di spiritualità, di fare e ricevere bene, ma anche appetito di denaro e di vendetta
Per fare
cultura bisogna sollecitare l’appetito del sapere, del pensare e cercare che il
suo appagamento susciti piacere.
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