martedì 21 febbraio 2017

SUICIDIO DI UN RAGAZZINO


           Caro Ulisse,

         Non riesco a levarmi un sordo dolore che mi fa male dentro da quando ho letto la tragedia di quel giovanissimo ragazzo (e mi sembra di vedere mio nipote che vive la sua stessa adolescenza) suicida!  Perché? Non mi dimentico il dramma stupendamente realizzato dal grande musicista Leos Janacek di Katia Kabanova che si uccide per aver una volta dato e ricevuto amore. È stato scritto :“benché ci sia tristezza nella morte, per lei la vera tragedia sarebbe stata continuare a vivere”.
         È noto dalle ampie cronache giornalistiche e televisive che tutto è partito dalla denuncia del ragazzo, che si era fatto qualche “canna”, alla Guardia di Finanza e ciò da parte di sua madre adottiva.  Così tornando da scuola, sereno e tranquillo, il ragazzino circondato da auto ed agenti in divisa sorpreso con dieci grammi (diconsi dieci grammi quindi per uso proprio) di marijuana in tasca ha indotto gli agenti ad andare a casa sua, perquisirgli la  sua stanza, e ....lui si è gettato dalla finestra.   
          Ho già scritto sulla vergogna che uccide (vedasi la lettera che ti ho scritto "Troppa libertà sessuale? no, troppo poca" dell'8 Dic. 2016)  ed anche quì non posso non pensare che sia stata la vergogna di un ragazzino, forse già in crisi con genitori di sangue non suo,  a determinarne un gesto di suprema disperazione ma anche l’unico che in quel momento e in quelle circostanze  gli consentiva di uscire dalla indotta convinzione di essere un poco di buono. Ma era vergogna indotta da pretesi costumi oscurantistici: al modesto solitario piacere di sognare degli adolescenti quale alternativa viene proposta ?
                Hai deciso così  povero ragazzo solo, ed il tuo gesto va rispettato come gesto di innocenza e libertà perché come diceva il filosofo David Hume a proposito del suicidio “Se disporre della vita umana fosse una prerogativa peculiare  dell’Onnipotente, al punto che per gli uomini disporre della propria vita fosse un’usurpazione dei suoi diritti, sarebbe ugualmente criminoso salvare o preservare la vita”.   E non si venga a dire che per uno spinello ( che non ha mai ucciso nessuno) vada  fatta  una crociata.  Non è proibito procurarsi piacere, anzi i giovani ne hanno troppo poco e se volete negargli "quel piacere" dateglielo comunque con altri mezzi ! ma dateglielo almeno come acconto dei futuri dispiaceri !
         Siete Voi con queste oscurantiste, fanatiche teorie proibizioniste, che avete provocato la ingiustificata vergogna che ha  ucciso quel ragazzo. 
            Quanto innocente dolore, nel mondo ! 
                                             
                                                                               ANTONIO SARTORIS



martedì 14 febbraio 2017

LA STORIA E' MAESTRA DI VITA ?



          Poiché  lo ritengo un tema molto intrigante,  cerco di dare una mia risposta alla domanda che si pone il Prof. Alberto Bosi nell’articolo di fondo de  LA GUIDA del 9 Febb. 2017.
    La domanda è questa :  “La storia è maestra di vita ? e Bosi se la pone a proposito del ricordo (con convegno, libro e conferenza) dedicato a Lidia Beccaria Rolfi superstite del campo di sterminio di Ravensbuck e, dopo il suo ritorno a casa a Mondovì,  paladina del ricordo della Shoà. Già la Rolfi si interrogava sul valore e sopratutto sulla continuità nel tempo di questo ricordo.  Bosi si interroga sullo stesso tema il che vale ad interrogarsi sul valore del ricordo storico.   Bosi scrive: “l’umanità continua   a ripetere gli errori del passato, non tanto per un’innata ed inguaribile malvagità o stupidità ......quanto perché ....l’umanità è un soggetto collettivo caratterizzato da una fondamentale discontinuità tra le varie generazioni, e quindi anche tra le varie memorie storiche”. Sono perfettamente d’accordo sulla diagnosi dell’affievolirsi della memoria storica e quindi della fatale tendenza a ripetere gli errori del passato  come effetto del passare del tempo e della “discontinuità tra le varie generazioni” e quindi in sintesi della “ignoranza”.  Un discorso a parte bisognerebbe fare anche sulla modificata, incompleta, falsa “storia”.
      Ma, per ora, limitandomi alla integrazione del discorso di Bosi diretto ad argomentare la sua diagnosi, io,  non da oggi,  mi sono interrogato di come poter porre rimedio a tutto ciò.
    La mia riflessione  – per ora – è stata quella di ritenere difettoso e/o insufficiente il metodo con cui mantenere nel tempo il ricordo della storia.  Il metodo finora seguito ho cercato di esaminarlo, insieme a chi sta a cuore il problema, in occasione della “Giornata della memoria”.  Limitandomi a valutare le numerose iniziative della nostra provincia e di fronte alla varietà delle stesse (dai concerti, alle mostre, alle conferenze etc.)  avevo rivolto a tutte le organizzazioni di tali eventi l’invito  ad un momento di riflessione tutti insieme,  (per es. una strutturazione complementare delle varie iniziative) .  Il mio invito è caduto nel vuoto più assoluto.
Ha ragione il prof. Bosi: i testimoni dei fatti della storia con il passar del tempo, si vanno fatalmente  man mano estinguendo,  ed i giovani che avanzano non avendo vissuto le esperienze di tale passato ignorano i fatti e quindi sono suscettibili a ripeterli. La storia conferma questa tesi e quindi fallisce nel suo compito di maestra? Risposta:  ma dove sono i maestri e/o maestre della  memoria della storia ?.
    Chi assolve il dovere , pur avendo  a disposizione  i tanti mezzi di comunicazione moderni,  di suscitare e mantenere  la memoria della storia ? Qui sta – secondo me -  la risposta alla domanda di Bosi :  la storia non è maestra di vita perchè è ignorata .  Dobbiamo quindi interrogarci su chi e come si comunica e si conosce  la storia, e quindi si suscita il suo ricordo.  Vi sono esempi continui proprio nella attuale società delle tecniche  di come si diffondono le informazioni.   Con la scuola, con l’insegnamento religioso, con i media (in primo piano internet e la televisione) con l’esempio delle opere.
    Il problema sta nel contenuto e nel modo con cui si comunicano le informazioni anche quelle storiche,  perchè  nella storia vi sono cose cattive ma anche cose buone, magari anche solo limitate a contrastare cose cattive.    Quindi, concludendo,  per far sì che sia vero che  “Historia magistra vitae” come diceva Cicerone, bisogna che la Storia, testimone dei tempi,  venga comunicata  con tutti mezzi possibili,  ma come luce della verità.              
    
ANTONIO  SARTORIS