Confesso
che, pur essendo fermamente ateo, il
magistero di Papa Francesco mi abbia, in tante occasioni, favorevolmente
colpito. In particolare ho condiviso l'atteggiamente attivamente misericordioso verso i migranti :
quell'invito rivolto ai parroci ed ai
conventi - purtroppo in tanti casi inascoltato ed inadempiuto - di aprire i
luoghi di preghiera alle concrete opere di misericordia non era forse vera voce
di Cristo ?. Purtroppo l'ultima uscita pubblica del Papa dopo l'azione repressiva
(sia pure per interposta persona) della migrazione sia per cause belliche che
per ragioni economiche del Ministro Minniti è stata universalmente interpretata
in un sostanziale consenso sulla liceità di tale cinico comportamento. Ahimè - ho pensato - il potere logora, ma ciò
che mi ha veramente deluso e sconcertato è stato il richiamo finale di Papa
Francesco, alla "prudenza"
come arte del governare. Mi sono
ricordato che la famosa frase latina "Si non caste, tamen
caute" che significa letteralmente "se non castamente, almeno con
cautela" (alias prudenza) è stata attribuita alla dottrina dei gesuiti e -
vedi il caso - Francesco è prima di tutto un Gesuita. Ma Gesù non era "gesuita" e
sopratutto non era "prudente". A Minniti ed a tutti gli uomini di
buona volontà non va insegnata la prudenza ma il coraggio di sostenere la buona
causa, perchè non dimentichino quanto diceva un grande giurista (Salvatore
Satta) e cioè che non è il carnefice che
uccide, bensì il giudice che decide.
Nella presunta, cinica, soluzione
del problema dei migranti sono chiare le
colpe dei loro carnefici ma altrettanto
chiare le responsabilità di chi ne ha deciso la
tragica sorte.
ANTONIO SARTORIS