martedì 3 dicembre 2019

LO SCIPPO DEL PREMIO GIORGIO FEDERICO GHEDINI

Caro Ulisse, 
Quando  ho avuto tra le mani il libretto che annunciava il vasto programma della stagione musicale del Conservatorio di Cuneo intitolato a Giorgio Federico Ghedini  (fra cui un concerto  svoltosi il 1° ott. 2019 presso la Fondazione Casa Delfino, ho rilevato che il 20 Novembre 2019 il Conservatorio avrebbe assegnato per sua iniziativa e presso la sua sede il "premio Ghedini ad uno studente del Conservatorio stesso".
Allora ho scritto la lettera che riporto qui integralmente :

                                                              Cuneo   Novembre   2019


Egr. Sig.
Prof. Alberto Borello . Direttore del
 Conservatorio musicale G.F. Ghedini di Cuneo
Via Roma n.
CUNEO

Egregio Prof.
                         Non le nascondo la sorpresa e  l’amarezza  mia personale e della Fondazione Casa Delfino per non aver ricevuto alcuna comunicazione (né scritta, né orale, né telefonica né via e-mail) dell’assunzione da parte del Conservatorio intitolato al M° Giorgio Federico Ghedini da Lei diretto, dell’iniziativa di assegnare un Premio  intitolato a Giorgio Federico Ghedini.
         E’ da quindici anni che la Associazione Amici di Cuneo e la Fondazione Casa Delfino (onlus) da me presiedute hanno istituito in Cuneo il Premio dedicato alla memoria del maestro Giorgio Federico Ghedini,  e ciò con il patrocinio di Sua figlia sig.ra Mariagrazia Ghedini.
         Lei    ha personalmente premiato fino all’anno prima della sua morte avvenuta in Savona nel dicembre 2016  i vincitori di detto Premio, di cui le trascrivo  L’ALBO D’ONORE”:

1) Orch. Sinfon. della Città di Cuneo BARTOLOMEO BRUNI  (2004)        2) Elisa FERRARA, pianoforte (2005)                                                        3)  Anita  FRUMENTO, pianoforte  (2006)  - 4)  Giuseppe GIUSTA pianoforte, Maria AGRICOLA soprano, Carlo DE BORTOLI, basso  (2007)  -  5)  Andrea VIGNA TAGLIANI, pianoforte  (2008)  -  6) Simone FERRERO , pianoforte  (2009)  - 7)  Umberto CLERICI, violoncello (2010) –  8) Michele MENARDI NOGUERA, flauto (2011)  -  9)  Massimo Giuseppe BIANCHI, pianoforte  (2012) – 10) Milena PUNZI (2013)  - 11) Andrea BACCHETTI – pianoforte (2014) – 12) Gianluca VERLINGERI – compositore (2015)  - 13) Massimiliano GENOT (2016)  14)  Martino OLIVERO (2017)  - 15) Indro BORREANI, violino (2018) .

         La Fondazione  Casa Delfino ha inoltre realizzato nel 2005 , con le sole sue forze,  il Festival Ghedini in occasione del cinquantenario della morte del Maestro Ghedini (1965)  con concerti orchestrali fra l’altro diretti dal M° Gianrosario Presutti, insegnante del Vostro Conservatorio Musicale e con vivo compiacimento del Prof. Francesco Pennarola   allora Direttore  del Conservatorio stesso.  
         La Fondazione Casa Delfino pur esprimendo la sua amarezza per il modo in cui si è svolta la situazione sopra evidenziata  è  lieta che il Premio Giorgio Federico Ghedini sia ora gestito dal Conservatorio Musicale a lui intitolato e mi auguro che la signora  Laura Savio, nipote del Maestro,  dia allo stesso l’adeguato sostegno economico.
         Certamente in vostre mani il Premio Ghedini continuerà ad avere il prestigio che la figlia del Maestro sig.ra Mariagrazia Ghedini aveva affidato all’Ass. Amici di Cuneo ed alla Fondazione Casa Delfino fin dall’inaugurazione (2004)  con un iniziale grandioso concerto diretto dal M. Giacosa, comprendente anche un inedito del M° Ghedini  e pagato dalla Fond. Casa Delfino. Tuttavia nella situazione derivante  dalla iniziativa assunta dal Conservatorio musicale di Cuneo, è evidente che l’esistenza di due premi intitolati a Giorgio Federico Ghedini nella sua città natale,  non ha senso.  Affido quindi da oggi  a Lei Direttore  Prof. Alberto Borello  ed a tutti i professori insegnanti del Conservatorio Musicale di Cuneo  il Premio G.F. Ghedini  istituto dalla Associazione Amici di Cuneo e dalla Fondazione Casa Delfino con  l’ augurio della Sua migliore fortuna.
                                                             Con ossequi
                                                    F.to    Antonio Sartoris
                                       Presidente della Fondazione Casa Delfino

P.S. La invito a dare pubblica comunicazione ai docenti ed al pubblico del Conservatorio Musicale ed anche alla stampa (che ha sempre dato notizia del premio Ghedini assegnato dalla Fondazione Casa Delfino) della innovazione nella assegnazione del premio Giorgio Federico Ghedini anche per non ingenerare spiacevoli interpretazioni di ciò che è avvenuto. 

RACCOMANDATA
RIC. RITORNO

Caro Ulisse, queste le soddisfazioni per aver cercato di proporre qualche idea ed azione a Cuneo. Ti saluto   ANTONIO



  

giovedì 24 ottobre 2019

SULLO SCRIVERE

Caro Ulisse, innanzi tutto mi scuso con i miei pochi o tanti lettori del silenzio che mantenuto da mesi ma essendo in ferie in campagna (Tetto de' Chivalieri)  ho preferito dedicarmi alla lettura e sopratutto alla scrittura .  Ne sono venuti fuori tre racconti che, già stampati in libretti  singoli, pubblicherò sul mio blog  intitolato RACCONTI FATTUALI,  quanto prima.  
Si tratta di  - Giorgio Federico Ghedini - Ing. Luigi Burgo - Gioachino Massia .  Questi racconti, come quelli che ho scritto prima di essi, sono una applicazione letteraria di quella che ho definito "arte fattuale". Non so se fra i  numerosi blog che ho scritto (devo farne un indice) ho già spiegato cosa intendo per "arte fattuale": non posso farlo qui perchè sono di fretta. Volevo solo lasciare traccia (questo sostanzialmente è l'intento di queste mie lettere) di una considerazione sullo scritto che alla mia coscienza mi appare quasi come una giustificazione. Giustificazione del fatto che come si rileva dal mio modo di scrivere, io parto dai fatti veri, storici, accaduti e poi parlo poco degli stessi, inserendoli invece nella vite, nei luoghi e nei tempi prodotti dalla mia fantasia.  Questa mia piccola meditazione mi è stata sollecitata da un pensiero del filosofo Giuseppe Conte (che non è l'attuale nostro Presidente del Consiglo dei Ministri) che intervistato da Antonio Gnoli  (in Robinson de La Repubblica di sabato 19 Ottobre 2019 dice fra l'altro: "io mi sentirei deluso e penserei di deludere i miei lettori di poesia  se scrivessi romanzi intimistici e minimalisti, storie familiari e piagnucolose che vanno per la maggiore. O magari raffinate sequenze di pagine con cui già il grande Palazzeschi diceva che ci si sarebbe pulito il culo. Ne "I senza cuore" - dice Conte - la poesia rientra per via di un andamento epico, mitico,drammatico, in cui si intrecciano tra loro i destini dei personaggi della galea genovese con la società del tempo". Ecco io ritengo di  scrivere racconti "intimistici e minimalisti" ma non "familiari e piagnucolosi". Ritengo invece che una gran mole di scritti letterari del presente o gronda di vita vissuta (diventando per lo più"familiare e piagnucolosa") o si arrampica nel "giallo".   Per ora questi son solo pensieri  cercherò di svilupparli possibilmente in un dialogo ( quando riuscirò a entrare in facebok ?) 

sabato 18 maggio 2019

A PROPOSITO DI CULTURA A CUNEO

                          Cultura è un termine assai usato e di non univoca interpretazione. A Cuneo nei giorni 9/10/11 maggio si è parlato di cultura prendendo spunto da un libretto della Prof. Paola Dubini dal significativo titolo: "Con la  cultura non si mangia" (frase detta dal Ministro Tremonti  quando era nel Governo Berlusconi ) e che sempre nel titolo, il libretto dice :"FALSO". La falsità dei luoghi comuni sulla cultura si ricava dai 7 capitoletti del libro. Nell'indice sono indicati: 1- La cultura non è"reale" (Falso !) - 2 La cultura non serve (Falso!) 3 - La cultura interessa a (troppo) pochi (Falso) 4 - La cultura non ha mercato (Falso!) 5 - Dietro la cultura non c'è attività d'impresa (Falso!) 6 - La  cultura non rende (Falspo !) - Il lavoro culturale non page (Dipende!).  
             Da quanto ho capito del concetto di cultura della Prof. Dubini penso le potrebbe andar bene, per la sua estensione,  quello declinato  da Cavalli Sforza per cui per cultura si intende  l'insieme di quanto viene appreso da un individuo nel corso della vita, dal comportamento quotidiano alle conoscenza di qualunque natura, inclusi quegli elementi – come i pregiudizi e le credenze -  che precedentemente non venivano compresi nel significato del termine cultura.
Così concepito dice Cavalli Sforza  il concetto di cultura può in qualche modo considerarsi alternativo a quello di natura, purchè adottato in senso stretto, cioè riferito a quanto vi è  di innato in noi , o più specificatamente di ereditato attraverso la biologia. In questo senso la “cultura” diventa, per opposizione, tutto quanto è appreso durante lo sviluppo. 

            A Cuneo si è parlato di cultura in sei momenti, in diversi luoghi ed orari. Ho potuto partecipare solo al primo di questi momenti dedicato a dichiarare Falsa, l'affermazione che "sono solo canzonette". Si trattava di una analisi del mondo dello spettacolo ed in particolare del Festival di Sanremo per cui la conferenza si è ridotta ad un monologo di Duccio Forzano, regista di detto Festival, e conoscitore del mondo delle canzoni (che non sono tutte canzonette). Il tema era interessante perchè proponeva indirettamente la questione da me più volte proposta del limite tra spettacoli culturali e spettacoli di puro intrattenimento.
             Ma dove mi sono impegnato a far presente la mia critica di fondo alla filosofia del libro della Prof. Dubini è stata la conferenza che la stessa professoressa, affiancata dal suo editore Giuseppe Laterza e dal Dott. Paolo Verri Direttore di "Matera capitale Europea della Cultura 2019",  ha tenuto la sera del 9 Maggio nella bella sala del CDT.
              Riporto testualmente quanto ho detto in sede di dibattito (peraltro quasi assente da parte del numeroso pubblico):    

           Gentile prof. Dubini Ho letto con molto interesse il suo libro  “ Con la cultura non si mangia”  e mi permetto farle alcune osservazioni. 
       Nel suo libro la parola “settori no profit” che sono le ONLUS (Organizzazioni senza scopo di lucro)  viene nominata una volta sola a pag. 74 e giustamente lei lo collega al problema di finanziamento.
        Buona parte del libro è dedicata a dimostrare che la cultura è un bene che ha anche un valore economico (con la cultura si mangia).
       Ora la mia osservazione (ovviamente sintetica perché un   intervento  non è e non deve essere una conferenza)  si fonda su una esperienza di Onlus e consiste nel segnalare il pericolo (dimostrato anche nelle nostra provincia) che pretese associazioni culturali si trasformino in imprese, imprese commerciali ove la cultura è appunto solo una merce.
       Cioè con la pretesa di difendere e divulgare la cultura si finisce per puntare esclusivamente al profitto. Si tratta di operazioni che si autoassolvono invocando la solita formula per cui il fine (la diffusione della cultura) giustifica i mezzi (gli strumenti commerciali) ma in realtà si tratta di operazioni che stravolgono i contenuti del nobile fine di fare cultura,  ed in cui i  mezzi  prendono il sopravvento sui fini con il risultato che la cultura finisce per divenire una merce da vendere con il massimo del profitto.  E così fra l'altro si stravolge il carattere educativo, anche se non esclusivo, della cultura. 
       Anche nella nostra provincia abbiamo strutture che si dichiarano associazioni culturali che giungono a proclamarsi spudoratamente “senza scopo di lucro”  ed invece operano solo con questo fine (il lucro) e fra l’altro lo realizzano abbondantemente.
             Lei al termine del suo prezioso libretto conclude: “perché la cultura sia motore di sviluppo, come spesso si dice, sono necessarie qualità di talenti e di proposte e un po’ di benzina per innaffiare i vivai”.  Io concludo che bisogna evitare che nell’uso della benzina per innaffiare i fiori si finisca di uccidere i fiori."
       Come in genere mi succede,  gli interlocutori alle mie domande, non rispondono: la Prof. Dubini si è limitata ad ammettere che sì fenomeni di speculazione in campo culturale ci sono. Ma il tema dovrebbe avere una più ampia ed approfondita valutazione. E ciò anche per rispondere al Dot. Verri che si è speso a dimostrare (vedi il Festival del libro a Mantova e Matera, Capitale della cultura) che solo con l'"unione di tutte le forze" una comunità è in grado di realizzare uno o più eventi culturali che ottengano successo. 
           La mia risposta parte dalle mie esperienze quale Presidente della Fondazione Casa Delfino, ONLUS di Cuneo. Dove è la possibilità di unire le forze culturali di Cuneo quando alcune pensano solo al profitto e per quanto ho detto sopra non fanno cultura, e le altre sono convinte di essere solo loro a  fare attività culturale ?
       A mio parere a questa ed ad altre domande sul tema occorrebbe dare una risposta non con le teorie economicistiche della Prof. Dubini ma con l'impegno di chi ama la propria città e la vuole sempre più bella, colta e saggia.       Antonio Sartoris     

martedì 29 gennaio 2019

LA COLPA - Giorno della memoria 2019


Caro Ulisse (C.U.) ,

       il Giorno della Memoria per CASA DELFINO è sempre stato un  momento di ricerca e approfondimento sui temi connessi con la SCHOA che in lingua ebraica  significa “catastrofe” “distruzione”: l’antisemitismo e/o razzismo, la violenza più brutale il mal assoluto, ma anche la responsabilità ed il castigo.

       Oggi 27 Gennaio 2018 parleremo della COLPA non solo del popolo tedesco ma di tutti gli uomini che vissero negli anni 25 -45 del secolo scorso. LA QUESTIONE DELLA COLPA - Sulla responsabilità  politica  della Germania – è un libro  scritto da Karl Jaspers.
CHI E’ CARL JASPERS,
Carl Jaspers nasce a Oldenburg, BassaSassonia, nel 1883. Si laurea in medicina, diventa psichiatra e filosofo. Nel 1933, con la salita al potere di Adolf Hitler e del nazismo, poiché sua moglie Gertrud Mayer è ebrea, entra nel novero dei potenziali nemici el Reich. Nel 1937 gli impongono un’alternativa: o lasciare la Germania o lasciare la moglie. Non lascerò né la Germania né mia moglie, risponde. Viene allontanato dall’Università di Heidelberg, dove studia ed insegna. Si ritira a vita privata con Gertrud. Nel 1938 a ogni casa editrice tedesca è vietato pubblicare opere di Jaspers. Fa la fame, si ammala. Negli anni della guerra, per evitare a sé ed a Gertrud l’eventualità devastante della deportazione, pare conservi pasticche di cianuro a portata di mano. L’arresto è in effetti stabilito, ma non c’è esecuzione probabilmente per l’avanzata degli americani. Nel 1946, a guerra finita, torna alla vita accademica. Tiene un ciclo di lezioni oggi tradotte e raggruppate nel libro che vi ho detto  “La QUESTIONE DELLA COLPA”.  In sintesi dice :” Noi tedeschi siamo obbligati, senza alcuna eccezione, a vedere chiaro sulla questione della nostra colpa ed a trarne le conseguenze. La questione della colpa, più che essere una questione posta dagli altri a noi, è una questione che noi poniamo a noi stessi. Ci obbliga la nostra dignità di uomini”. La colpa che riconosceva a sé stesso era di avere sottovalutato il nazismo e di non essersi opposto per tempo e col dovuto vigore. E per questa ragione avertì: “Ognuno è responsabile della situazione politica del proprio Paese”


Il tema  della colpa individuata da Jaspers  è ben presente nel documentario che ora vi farò vedere :
       Si tratta di una intervista fatta a Brunilde POMSEL, segretaria nel periodo nazista di Goebels, intervista intervallata dalla presentazione di documenti terribili ed inediti sui campi di concentramento nazisti.
       Ad introduzione e commento del documentario vorrei porre l’accento  sull’INDIFFERENZA e L’IMPOTENZA  del singolo di fronte al Moloch del Male. 
       Sull’indifferenza vi leggo quanto dice Jaspers (pag. 26) “I cittadini sono nella maggior parte estranei alla vita politica. La potenza dello Stato non viene qui sentita come cosa che li riguarda. Essi  non si considerano corresponsabili, ma fanno solo da inerti spettatori della vita politica, e lavorano ed operano obbedendo ciecamente. Essi conservano la loro buona coscienza nell’ubbidienza, senza partecipare a ciò che i detentori del potere decidono e fanno. Subiscono la realtà politica come qualche cosa di estraneo a loro. Cercano di cavarsela con astuzia e di trarre i propri vantaggi personali, oppure vivono in un cieco entusiasmo (fanatismo) fatto di sacrifici “

       Sulla IMPOTENZA e/o CODARDIA  vi leggo quanto dice la POMSEL
“” Non sono il tipo di persona che resiste. Non ne avrei il coraggio. Sono una dei codardi. Questo è quello che cerco  sempre di spiegare alle persone di oggi. Farei domande stupide ed ingenue se avessi la loro età. Direi: “Avresti dovuto autoescluderti. Sarei stata capace di decidere per me soltanto ?  No, non avresti potuto. Chi lo ha fatto, ha messo a repentaglio la propria vita. Era da schiocchi farlo. Se avessero tenuto la bocca chiusa, oggi sarebbero vivi. Tutto per quel diavolo di un foglietto, tutto questo per un volantino””

QUESTI SONO I TEMI SU CUI VI INVITO A RIFLETTERE  OGGI E SEMPRE..


       Voglio ancora dirvi due parole sul presente :  oggi vi sono
circostanze  storiche molto simili a quelle in cui si sono trovati a vivere i nostri padri.  E noi cosa facciamo ?
               La shoa è il passato che  molti milioni di uomini  hanno vissuto tragicamente ma che la maggioranza della popolazione mondiale ha per lo più vissuto nell’indifferenza e/o impotenza. 
               I tempi in cui stiamo vivendo hanno messo dinanzi ai nostri occhi  (in modo ancora più esplicito e dettagliato specie con i moderni mezzi di comunicazione)  e quindi alla nostra coscienza, tragedie umane indicibili ,
        Si pensi alle sofferenze  provocate dalle guerre contemporanee a milioni di esseri umani : il Vietnam, l’Agfanistan, il Libano, la Siria.  E proprio ieri ed oggi, la tragedia degli immigrati.
                     Indubbiamente sappiamo, non possiamo ignorare ciò che gli assassini hanno fatto alle loro vittime . Abbiamo visto persino rubare loro la povertà: quei fagotti, quei trolley scassati, fino alla pagella del ragazzino cucita nella tasca del suo vestito.
                Tra le verità nate da questo evento a noi contemporaneo, ci sono quelle che i morti hanno portato in mare divenuto il loro cimitero. Ma non sapremo mai ciò che le vittime provarono  nelle tenebre  che precedettero la loro morte .
              Sono queste le verità che dobbiamo decifrare, capire e  ricordare nelle nostre decisioni politiche.

O altrimenti a chi non lo farà – come diceva Primo Levi -  si sfasci la casa, la malattia lo impedisca,  i suoi nati torcano il viso da lui.

                                                 Antonio Sartoris

Letto nella sala grande della Fondazione Casa Delfino in Cuneo nl pomeriggio di domenica 27 Gennaio 2019